L’ex ambasciatrice Elena Basile lancia un duro atto d’accusa contro l’Occidente, gli Stati Uniti e le élite europee. Le sue parole, pubblicate sul Fatto Quotidiano del 9 aprile, commentano un recente articolo del New York Times che avrebbe ammesso, secondo Basile, la cobelligeranza diretta degli Stati Uniti contro la Russia.
Secondo l’ex diplomatica, non si tratterebbe più solo di una guerra per procura, ma di una partecipazione attiva, in cui Cia e Pentagono pianificano azioni sul campo, compresa l’eliminazione di obiettivi militari e civili russi. Una svolta senza precedenti nella storia moderna, che per Basile ci avvicina come mai prima alla possibilità di un conflitto diretto tra potenze nucleari.
“Mai siamo stati così vicini alla guerra con una potenza nucleare, mai abbiamo rischiato la Terza guerra mondiale” scrive l’ex ambasciatrice.
Eppure, osserva con preoccupazione, i dirigenti europei non sembrano affatto allarmati, anzi: alimentano il timore di un’aggressione russa, una narrativa che secondo Basile serve solo a giustificare il riarmo e a creare consenso attorno a una strategia bellica.
Una deriva bellicista europea, mentre gli USA si defilano
Per Basile, gli Stati Uniti — soprattutto nella visione trumpiana — prendono atto del fallimento in Ucraina, mentre le classi dirigenti europee, senza mezzi e senza autonomia, proseguono con dichiarazioni sempre più aggressive.
“L’assurdo al potere? Certo. Le classi dirigenti sono prigioniere di un istinto autodistruttivo e nichilista.”
Nell’analisi di Basile, l’Occidente mostra una visione ipocrita dell’ordine internazionale, facendo passare l’invasione dell’Ucraina come uno scontro tra autoritarismo e democrazia, ma dimenticando le numerose violazioni internazionali commesse dagli Stati Uniti dal 1991 a oggi.
“La fine dell’ordine liberale non è la minaccia russa o cinese, ma la fine del dominio del dollaro. È il venir meno di un sistema basato sul debito USA finanziato dal resto del mondo.”
Secondo Basile, la guerra e l’austerità servono a mantenere un modello economico ormai insostenibile, in cui l’economia americana produce moneta ma non beni reali, sostenuta artificialmente dal riciclo di capitali europei e asiatici.
Europa in recessione, economia di guerra e riarmo tedesco
La riconversione dell’Europa in economia di guerra, per Basile, non è una risposta ai bisogni dei cittadini, ma una scappatoia per l’oligarchia al potere. Il riarmo tedesco, l’acquisto di armamenti americani, sarebbero scelte imposte per obbedire agli interessi di Washington, anche quando si finge di contrastare Trump.
“Il vero nemico dell’economia statunitense è il suo stesso sistema: produrre denaro, non merci.”
Trump, sostiene Basile, ha almeno compreso l’insostenibilità di questo modello: giudica superflua la presenza USA in Europa, che verrà delegata a Regno Unito e Germania, a servizio di una NATO europeizzata ma ancora subordinata a logiche americane.
Una generazione dimenticata, un mondo insicuro
Tra i passaggi più amari, Basile sottolinea l’assenza dei giovani dal dibattito politico, ridotti al silenzio, esclusi, non rappresentati. Le nuove generazioni, sostiene, stanno ereditando un mondo indebitato, precario, diviso da blocchi armati e guerre commerciali. Ma non sembrano rendersene conto.
“I giovani europei sembrano indifferenti, occupati dal loro privato, dalla loro precarizzazione. Marceranno al fronte per salvare questa élite transnazionale senza scrupoli?”
Una riflessione provocatoria, quella dell’ex ambasciatrice, che invita a rimettere al centro la sovranità, la verità storica, la critica all’ordine economico e politico occidentale. Un invito a risvegliare il pensiero critico e la coscienza di chi, oggi, subisce le conseguenze di scelte prese altrove.
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L’Europa davanti al bivio
Le parole di Elena Basile suonano come un appello lucido e controcorrente in un panorama dominato da narrazioni belliche e conformiste. L’ex ambasciatrice ci invita a riflettere su una classe dirigente priva di visione, pronta a sacrificare la stabilità, la pace e il futuro delle nuove generazioni sull’altare di interessi economici e geopolitici che non le appartengono.
Nel suo racconto, l’Europa non è protagonista, ma strumento passivo di logiche esterne, incapace di elaborare un pensiero autonomo. E mentre cresce il rischio di un’escalation militare e nucleare, la politica sembra sorda, cieca e autoreferenziale, più impegnata a fingere forza che a prevenire il disastro.
Basile non offre ricette semplici, ma pone domande necessarie: chi decide davvero per il nostro futuro? E chi pagherà il prezzo di queste scelte?
Se l’Europa vuole davvero un domani diverso, deve tornare a pensare con la propria testa, recuperare il senso del limite e della responsabilità. Perché la pace non è solo un’utopia: è una scelta politica. E oggi più che mai, una scelta urgente.