ROMA – La vicenda Paragon si arricchisce di nuovi inquietanti elementi, e a scendere in campo con una posizione netta è Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle ed ex presidente del Consiglio. In un’intervista rilasciata al direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, Conte ha commentato le recenti rivelazioni secondo cui il giornalista Ciro Pellegrino e il suo direttore sarebbero stati spiati con il software Graphite, prodotto dalla società israeliana Paragon.
“In uno Stato democratico, che il direttore di una testata e un suo giornalista vengano così intrusivamente spiati è assolutamente illegittimo”, ha dichiarato Conte. “Il governo non può dire ‘è finita qui’”. Per l’ex premier non si tratta solo di una violazione delle libertà individuali, ma di un attacco diretto alla libertà di stampa e al diritto-dovere dell’informazione.
Il precedente del 2019: “Spionaggio legittimo, ma il contesto era diverso”
Conte ha anche chiarito il proprio ruolo nell’autorizzazione alle intercettazioni di Luca Casarini e Beppe Caccia, attivisti dell’Ong Mediterranea, nel 2019, durante il suo primo governo:
“Allora firmammo una richiesta dei servizi, poi approvata dalla Procura generale della Corte d’Appello di Roma. Si trattava di intercettazioni telefoniche e rientravano nella piena legittimità formale e sostanziale”.
Una situazione ben diversa, secondo Conte, da quella odierna. Lo spyware Graphite, utilizzato nel 2024, rappresenta una forma di sorveglianza ben più invasiva, in grado di estrarre file, documenti, conversazioni private e materiali sensibili da smartphone e computer.
“Spiare giornalisti è un atto gravissimo. Coinvolta anche la libertà delle fonti”
Il leader del M5S ha sottolineato la gravità istituzionale del fatto che uno strumento del genere sia stato usato per monitorare un giornalista impegnato in inchieste delicate come quelle condotte da Fanpage.it, tra cui quella sui presunti legami con il neofascismo all’interno dell’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia.
“Questo governo non può far finta di nulla, vista anche la natura delle inchieste. È in gioco la protezione delle fonti riservate, un cardine della libertà di stampa”.
Le Procure di Roma e Napoli sono attualmente al lavoro per fare luce sulla vicenda. Ma Conte è chiaro:
“Il governo non può tirarsi fuori e dire che è finita qui. Deve fare il massimo per contribuire ad accertare chi e perché abbia usato questo spyware invasivo”.
Il ruolo del Copasir: “Serve una nuova convocazione”
Conte ha invitato anche il Copasir – il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – a riaprire il dossier. Il Comitato aveva già affrontato il tema nella sua prima relazione, nella quale, secondo l’ex premier, “sono stati compiuti accertamenti seri e condivisi da tutte le forze politiche, senza distinzione tra maggioranza e opposizione”.
Tuttavia, con le nuove rivelazioni sul caso Pellegrino, Conte ritiene che sia necessaria una nuova verifica:
“Il Copasir deve tornare a riunirsi. I servizi italiani hanno detto che nei loro database non c’è traccia di spyware contro Cancellato, ma ora va chiarito anche il caso di Pellegrino”.
“Rischio democratico inaccettabile”
La conclusione di Conte è una chiamata alle responsabilità:
“Non possiamo accettare che oggi ci sia ancora un mistero su chi ha utilizzato Graphite contro due giornalisti italiani. In un Paese democratico non può esserci ombra su episodi del genere”.
L’appello è rivolto sia al governo Meloni che agli organismi di controllo istituzionale: serve trasparenza, verità, e soprattutto la tutela dei diritti costituzionali, primo fra tutti quello alla libera informazione.
“Fare finta di nulla – ha ribadito Conte – significa normalizzare lo spionaggio ai giornalisti. E questo è inaccettabile”.
La vicenda Paragon non è solo una questione di sicurezza nazionale: è un banco di prova per lo Stato di diritto. E la politica, tutta, è ora chiamata a dare una risposta chiara.
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Il caso Graphite segna un punto di non ritorno nel rapporto tra potere, informazione e diritti civili. Le parole di Giuseppe Conte pongono con forza la necessità di un’azione immediata e trasparente da parte del governo e delle istituzioni di controllo. Non è solo in discussione l’utilizzo abusivo di uno spyware, ma la tenuta stessa delle garanzie democratiche in Italia. Se l’opinione pubblica accettasse con rassegnazione che giornalisti possano essere sorvegliati per il loro lavoro, si aprirebbe una pericolosa deriva. In un Paese che vuole dirsi libero, ogni attacco alla stampa è un attacco alla democrazia. Ora spetta alla politica dimostrare di esserne all’altezza.
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