La CGIL di Landini dà ragione a Conte?: Ecco le immagini che mostra sui suoi social – VIDEO

Un intervento che scuote la piazza

“Se i cittadini hanno interesse ad avere più tutele nel mondo del lavoro, devono venire a votare. Se invece hanno interesse a favorire i soliti poteri forti, i soliti padroni, come si diceva un tempo, allora non venite a votare. Lasciate che comandino sempre gli altri e rassegniamoci tutti.” Le parole pronunciate da Giuseppe Conte in piazza durante la manifestazione organizzata in vista del referendum sul lavoro risuonano con forza in un momento politico segnato da tensioni sociali, precarietà crescente e disaffezione civica.

Il leader del Movimento 5 Stelle ha arringato la folla riunita in una delle principali piazze italiane, ribadendo la necessità di una partecipazione attiva da parte dei cittadini: “Il quorum non è un fatto tecnico, è una scelta collettiva. O si vota per cambiare, o si resta a guardare mentre i diritti vengono erosi giorno dopo giorno”.

La Cgil sta con Conte: “Ha ragione, senza partecipazione non c’è democrazia”

In un gesto per nulla scontato, anche la Cgil si è espressa a sostegno dell’appello di Conte. Attraverso un post pubblicato sui propri canali ufficiali, il sindacato guidato da Maurizio Landini ha rilanciato le parole dell’ex premier, sottolineando che “la partecipazione al voto referendario è un diritto, ma anche un dovere civico”.

Nel post, la Cgil ha scritto: “Conte dice una cosa semplice e vera: il quorum lo fanno i cittadini. Se vogliamo cambiare davvero, se vogliamo difendere la dignità del lavoro, bisogna partecipare. Restare a casa significa lasciare campo libero a chi non ha a cuore i diritti di chi lavora.” Un messaggio diretto, inequivocabile, che segnala una convergenza tra Movimento e sindacato su un tema cruciale.

Lavoro, diritti, democrazia: cosa c’è in gioco

Il referendum in questione – promosso da numerosi comitati civici, sindacati di base e movimenti progressisti – mira a ripristinare una serie di tutele abolite negli ultimi anni: dall’articolo 18 per i licenziamenti ingiustificati alla reinternalizzazione dei servizi pubblici esternalizzati, fino al salario minimo garantito per legge. Una serie di misure che, secondo i promotori, restituirebbero dignità e stabilità a milioni di lavoratori precari e sottopagati.

Conte lo ha detto chiaramente: “Non si tratta solo di politica, ma di vita concreta. Di salari che non bastano, di giovani costretti a emigrare, di madri e padri che non riescono a conciliare lavoro e famiglia. È una questione di giustizia sociale”.

Il governo tace, l’opposizione si muove

A fronte della mobilitazione crescente, il governo Meloni ha mantenuto finora un profilo basso, evitando commenti diretti sul referendum. Ma i segnali di malessere sono evidenti. Le opposizioni, invece, si stanno compattando attorno alla battaglia referendaria: dal M5S a parte del PD, da Sinistra Italiana a Europa Verde, l’appello è chiaro: votare è un atto di resistenza civile.

Nel suo intervento, Conte ha parlato anche ai delusi e agli sfiduciati: “Non pensate che tanto non cambia nulla. Ogni volta che rinunciamo a dire la nostra, qualcun altro decide per noi. E non decide mai per il nostro bene.”

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Conclusione: una chiamata alla responsabilità collettiva

Il discorso di Conte, sostenuto pubblicamente anche dalla Cgil, segna un momento importante nel dibattito sul lavoro e sulla partecipazione democratica. In un Paese dove l’astensionismo è diventato la prima forza politica, richiamare l’attenzione sul quorum non è solo una strategia elettorale: è un grido d’allarme.

Il referendum non è ancora alle porte, ma la campagna è già iniziata. E stavolta la posta in gioco è chiara: continuare a subire oppure tornare protagonisti. Come ha detto Conte, “Grazie. Ma non a me. Grazie a chi ci crede ancora e ci sarà.”
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