Il direttore del Fatto Quotidiano attacca la premier:
“Parla come fosse all’opposizione, ma governa da 26 mesi. In Europa firma tutto, pure la lista della spesa.”
1. Travaglio ospite da Giletti: il contesto
Domenica sera su Rai 3, nel programma Giletti – Il Canto della Politica, Marco Travaglio ha dato voce a una delle sue analisi più taglienti sul governo Meloni. Ospite del giornalista Massimo Giletti, il direttore del Fatto Quotidiano ha smontato pezzo per pezzo il discorso tenuto dalla Presidente del Consiglio durante la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, trasformandolo in un j’accuse pieno di ironia, sarcasmo e indignazione.
2. “Perfetto, se fosse all’opposizione”
Travaglio ha aperto il suo intervento con un paradosso che è già una condanna politica:
“Ha fatto un discorso perfetto… se fosse leader dell’opposizione. Il problema è che è Presidente del Consiglio da 26 mesi.”
Secondo il direttore, Giorgia Meloni continua a usare un linguaggio da battaglia elettorale, ignorando il fatto che oggi è lei a essere al comando. E mentre cerca nemici esterni, interni e immaginari, sfugge alle proprie responsabilità di governo.
3. Il rischio della retorica: “Governa attaccando chi non governa”
3.1 Una narrazione autoreferenziale
“Qualcuno dovrebbe avvertirla”, ironizza Travaglio. “Rischia di passare altri tre anni a prendersela con chi non comanda, mentre comanda lei.” È il cuore della sua critica: Meloni alimenta una narrazione che le consente di restare in una posizione di eterna opposizione, anche quando siede a Palazzo Chigi.
3.2 Un potere che non si esercita
Travaglio non nega che Meloni abbia potere, anzi:
“Sono contento che la stampa internazionale le riconosca una leadership, vista la caduta di tutti gli altri. Ma che cosa se ne fa, lei, di quel potere in Europa?”
La risposta è tagliente: nulla. Secondo lui, Meloni si limita a ratificare le decisioni altrui, “firma tutto, pure la lista della spesa”, compreso il nuovo Patto di Stabilità europeo che impone all’Italia una politica di bilancio restrittiva.
4. Europa e Patto di Stabilità: “Ha sposato l’austerità”
4.1 L’ironia amara della “lista della spesa”
L’Unione Europea, dice Travaglio, avrebbe potuto essere il campo su cui Meloni mostrava forza e autonomia. Invece, ha sottoscritto “tutto”, senza opporre alcuna resistenza:
“Pure il pacco di stabilità che ci costringe a fare le leggi finanziarie coi fidi secchi. Meno 13 miliardi all’anno da spendere.”
Una scelta che, secondo il direttore, contraddice apertamente la narrazione sovranista e patriottica con cui Meloni aveva conquistato consenso.
4.2 “I fascisti almeno non erano così schiacciati sugli americani”
Travaglio si spinge persino oltre:
“Ogni tanto, bestemmiando, dico: ma se fossero almeno fascisti, come vengono rimproverati di essere, non sarebbero così schiacciati sugli americani?”
È una provocazione volutamente dura, con cui sottolinea come l’attuale governo non solo non si opponga alle pressioni esterne, ma ne risulti completamente allineato — sul piano economico, militare, geopolitico.
5. Migranti e propaganda: “Cambia ricetta”
Un’altra contraddizione, secondo Travaglio, emerge sul fronte dei migranti.
“È giusto combattere la mafia degli scafisti, ma se ogni anno arrivano 160-170 mila irregolari e tu pensi di risolvere il problema mandandone qualche decina in Albania…”
La politica annunciata con clamore mediatico — gli accordi con Tirana per esternalizzare parte della gestione dei migranti — viene ridicolizzata: è inefficace e solo simbolica. “Quei pochi che mandi, ritornano pure indietro”, osserva sarcasticamente.
6. L’aggressività come marchio di fabbrica
6.1 Il nemico come strumento politico
Travaglio individua una cifra comunicativa precisa nel modo di governare della Meloni: l’aggressività. “Creare il nemico, anche nel mondo della destra, è importante. Avere sempre un nemico da attaccare, anche nei toni.” È un tratto che funziona in campagna elettorale, ma che — secondo lui — mal si adatta a chi ha già in mano le leve del potere.
6.2 L’assurdo: Meloni non riesce a governare… per colpa di Saviano?
E con sarcasmo finale:
“Qualcuno sano di mente può pensare che la Meloni non riesce a governare perché c’è Prodi? O perché c’è Roberto Saviano?”
Il senso è chiaro: accusare l’opposizione o singoli intellettuali non basta più. Il tempo delle scuse è finito. Se non funziona, è colpa del governo stesso.
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7. La chiusura: l’immagine di Fantozzi
Il giudizio più tagliente arriva in forma di satira cinematografica:
“Mi sembra Fantozzi davanti al Direttore Megalattico. Fa finta di bussare, ma non entra mai veramente.”
Un paragone che racchiude tutta la critica: Giorgia Meloni ha la chiave del potere, ma preferisce restare nella parte di chi lo subisce, lo teme, lo aggira. Una postura che, secondo Travaglio, la rende inefficace nonostante la forza dei numeri parlamentari e l’assenza di veri avversari politici.
Il Video: