Terremoto diplomatico – Gli usa contro Francesca Albanese – Ecco cosa sta accadendo, ma l’ONU…

Scoppia il caso internazionale sulla relatrice Onu per i diritti dei palestinesi: gli Usa chiedono la rimozione, ma l’Onu resiste

Roma, 3 luglio 2025 – È un vero terremoto diplomatico quello che si sta abbattendo in queste ore sull’Onu e sulla sua relatrice speciale per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese. Gli Stati Uniti hanno ufficialmente chiesto alle Nazioni Unite di rimuoverla dall’incarico, accusandola di “antisemitismo virulento” e di “sostegno al terrorismo”, dopo la pubblicazione di un suo nuovo, durissimo rapporto sulle responsabilità economiche internazionali nella guerra a Gaza.
Le accuse, durissime, sono emerse attraverso una lettera inviata dall’amministrazione Trump all’Onu e ottenuta dal Washington Free Beacon, giornale statunitense vicino alla destra conservatrice.

La lettera Usa: accuse di antisemitismo e terrorismo

La lettera, datata 20 giugno e indirizzata al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, contiene toni senza precedenti. Washington sostiene che Francesca Albanese “promuove un violento antisemitismo e sostiene apertamente il terrorismo”. Nello stesso documento, gli Usa accusano la relatrice di portare avanti una “campagna inaccettabile di guerra politica ed economica contro l’economia americana e globale”.

Gli attacchi contro la giurista italiana si sono moltiplicati dopo la pubblicazione, il 1° luglio, del suo nuovo rapporto, dal titolo: “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Nel documento, Albanese punta il dito contro il presunto coinvolgimento di grandi aziende americane e internazionali nella “economia del genocidio palestinese”, affermando che

> “Il genocidio è redditizio. Questo non può continuare, bisogna che ognuno si assuma le proprie responsabilità”.

L’accusa degli Stati Uniti, però, non si limita al merito delle posizioni di Albanese. La lettera contesta anche la sua legittimità professionale, sostenendo che si presenti come “avvocato internazionale” pur non essendo formalmente abilitata all’esercizio della professione legale.

Chi è Francesca Albanese, la relatrice al centro della tempesta

Francesca Albanese, cittadina italiana, è da tempo una figura controversa in ambito diplomatico. Esperta di diritto internazionale e diritti umani, è stata nominata relatrice Onu sui Territori palestinesi occupati nel 2022.

Fin dall’inizio del suo mandato ha adottato una linea molto critica nei confronti di Israele, denunciando apertamente i crimini di guerra e accusando lo Stato ebraico di “apartheid” e “genocidio”.

Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, Albanese ha definito l’assalto come

> “una conseguenza del decennale sistema di oppressione e occupazione imposto ai palestinesi”.

 

Queste dichiarazioni hanno scatenato l’ira di Israele e di numerosi governi occidentali, che la accusano di minimizzare il terrorismo e di giustificare la violenza contro i civili israeliani.

L’Onu resiste: Albanese confermata nonostante le pressioni

Nonostante la fortissima pressione politica, l’Onu ha confermato Francesca Albanese nel suo ruolo di relatrice speciale, rinnovandole il mandato fino al 2025. Secondo fonti interne alle Nazioni Unite, la riconferma sarebbe avvenuta già all’inizio dell’anno, prima che l’ultima offensiva diplomatica statunitense prendesse corpo.

Una scelta che rappresenta un chiaro segnale di autonomia da parte dell’Onu, ma che rischia di acuire le tensioni tra il Palazzo di Vetro e Washington, già ai minimi termini da mesi sul dossier mediorientale.

Il contesto geopolitico: tra Gaza e scontro globale

Lo scontro su Francesca Albanese si inserisce in un contesto internazionale tesissimo.
Mentre la guerra a Gaza continua a mietere vittime, i rapporti tra Stati Uniti e Nazioni Unite si sono progressivamente deteriorati, soprattutto dopo che l’Assemblea Generale ha approvato a larga maggioranza una risoluzione di condanna contro Israele per l’uso della forza a Rafah.

Washington, che resta il principale finanziatore dell’Onu, ha reagito minacciando di tagliare i fondi e sta valutando misure concrete contro i funzionari ritenuti “ostili” agli interessi statunitensi e israeliani.

La posizione di Francesca Albanese, in questo scenario, è diventata il simbolo di una battaglia più ampia, che travalica la singola persona: da un lato la richiesta di responsabilità internazionale per la guerra a Gaza, dall’altro il tentativo di difendere l’alleato israeliano da accuse di crimini di guerra.

La posta in gioco: libertà di mandato o complicità?

Dietro la vicenda Albanese si cela una questione chiave per il diritto internazionale: i relatori speciali Onu devono essere liberi di indagare e denunciare violazioni, anche a costo di scontrarsi con le grandi potenze.

Se l’Onu cedesse ora, si aprirebbe un precedente pericoloso, che potrebbe minare l’indipendenza stessa dei suoi organi di monitoraggio.

Per Albanese, intanto, il futuro si fa ancora più incerto. Pur riconfermata, la pressione su di lei rischia di rendere il suo lavoro ancora più difficile, tra boicottaggi politici e campagne mediatiche aggressive.

Ma, al momento, Francesca Albanese non sembra intenzionata a fare passi indietro. Nel suo ultimo comunicato ha ribadito:

> “Non arretrerò di un millimetro di fronte alle intimidazioni. La verità non si negozia”.

M5S: NOI AL FIANCO DI FRANCESCA ALBANESE
“Gli Stati Uniti chiedono di rimuovere Francesca Albanese dal suo incarico di Relatrice speciale per i diritti umani nei Territori palestinesi. Questo dimostra che la nostra connazionale dà molto fastidio con il suo lavoro di coraggiosa denuncia. Come il suo ultimo rapporto dall’eloquente titolo ‘Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio’ che indaga le complicità del mondo delle aziende con lo Stato di Israele. Albanese non si è mai piegata a ricatti e minacce e per questo ora la vogliono cacciare. Noi invece restiamo al suo fianco, contro ogni intimidazione”. Lo afferma il gruppo parlamentare M5S Camera.

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Conclusione: una crisi che scuote l’Onu e la diplomazia globale

Il caso Albanese è destinato a lasciare il segno, ben oltre la sua vicenda personale. È il simbolo di una crisi più ampia, tra la tutela dei diritti umani e il potere geopolitico, tra la libertà di espressione nelle istituzioni internazionali e i condizionamenti delle grandi potenze.

La battaglia per la sua rimozione non è finita, ma il messaggio lanciato dall’Onu, almeno per ora, è chiaro: il mandato della relatrice non sarà interrotto dalle pressioni.

Resta però aperto un interrogativo: fino a quando le Nazioni Unite potranno resistere al braccio di ferro con Washington?
La risposta dipenderà non solo dalla diplomazia, ma anche dalla tenuta stessa dell’ordine internazionale.

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