Travaglio e il duro attacco a Meloni per l’incontro con Bin Salman – Ecco cosa ha rivelato – INEDITO

L’editoriale di Marco Travaglio pubblicato il 28 gennaio 2025 su Il Fatto Quotidiano rappresenta un’analisi incisiva e pungente della recente visita della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al leader saudita Mohammed bin Salman (MbS). Una visita che, per molti, si pone in netta contraddizione con le posizioni storiche della stessa Meloni, ma che il premier cerca di giustificare senza successo.

Un confronto tra passato e presente

Travaglio apre sottolineando un punto fondamentale: Meloni ha sia ragione sia torto nel rivendicare che il suo incontro con Bin Salman non contraddice le sue dichiarazioni passate. In effetti, è vero che quando, anni fa, accusava il regime saudita di violazioni dei diritti umani, terrorismo e omicidi politici (incluso quello del giornalista Jamal Khashoggi), lo faceva principalmente per attaccare altri soggetti italiani, come la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e un senatore che collaborava con il regime saudita. Tuttavia, il problema non è tanto il cambiamento di prospettiva – inevitabile per chi passa dall’opposizione al governo – ma il modo in cui si sceglie di attuare questa svolta.

Travaglio richiama l’esempio di Mario Draghi, il quale, pur avendo definito Recep Tayyip Erdogan un “dittatore”, non esitò a incontrarlo per firmare accordi commerciali. La differenza? Lo stile e la coerenza. Meloni, invece, ha accettato di presentarsi con “sorrisetti e moine” sotto la tenda di Bin Salman, offrendo un’immagine di sudditanza che stride con le sue precedenti dichiarazioni di fermezza.

Accordi commerciali e armi: un confine sottile

Un altro tema centrale dell’editoriale è la distinzione tra accordi economici e la vendita di armi. Se è comprensibile che un capo di governo firmi accordi per promuovere le imprese italiane all’estero, vendere armamenti a un regime come quello saudita è tutt’altra questione. L’Arabia Saudita è infatti protagonista di una guerra civile devastante in Yemen, che Travaglio descrive come una guerra per procura tra Riad e Teheran, costata centinaia di migliaia di vittime civili.

L’editorialista ricorda che nel 2021 il governo Conte-2 aveva interrotto l’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita, salvo poi riprenderla con i governi successivi di Draghi e Meloni. Questa ripresa non può essere giustificata solo con la necessità di promuovere gli interessi economici italiani, soprattutto quando l’industria bellica alimenta conflitti e massacri.

Energia e ipocrisie geopolitiche

Un ulteriore nodo affrontato da Travaglio è il tema dell’energia. La Meloni, da sempre critica verso i rapporti con regimi autoritari, dovrebbe chiarire perché l’Arabia Saudita – dominatrice del cartello Opec+ – venga considerata un partner legittimo, mentre la Russia sia un nemico da sanzionare e boicottare. La domanda, retorica ma pungente, è se vi sia davvero una differenza tra le autocrazie di Mosca e Riad.

In un contesto in cui il governo italiano ha sostenuto le sanzioni europee contro la Russia, anche a costo di aumentare la dipendenza da fornitori di gas più costosi e inquinanti (come il GNL statunitense), questa incoerenza appare evidente. Travaglio suggerisce che, se la logica è quella del prezzo migliore, tanto varrebbe abbandonare le sanzioni alla Russia e tornare a comprare il gas russo, evitando così il paradosso di un’Italia che paga di più per l’energia e danneggia ulteriormente l’ambiente.

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La coerenza come valore in crisi

La riflessione si chiude con una considerazione amara ma significativa: per la prima volta, Giorgia Meloni sembra riconoscere il problema della coerenza tra ciò che diceva quando era all’opposizione e ciò che fa ora che è al governo. Tuttavia, questo riconoscimento, per Travaglio, è solo l’inizio di un percorso ben più complesso.

La lista delle incoerenze della Meloni è lunga: dal Patto di Stabilità europeo al Superbonus, dalle privatizzazioni con fondi esteri alla legge Fornero, fino alla gestione dei ministri inquisiti. Ognuna di queste tematiche rappresenta un terreno in cui la Premier ha cambiato posizione, spesso senza fornire spiegazioni chiare e convincenti.

Conclusione

L’editoriale di Travaglio non si limita a criticare la visita di Giorgia Meloni a Bin Salman, ma la usa come simbolo di una politica italiana sempre più caratterizzata dall’incoerenza e dall’ipocrisia. La questione non è tanto l’incontro in sé, quanto la distanza tra le parole e i fatti, tra i principi dichiarati e le azioni intraprese.

Meloni, come molti altri leader prima di lei, sembra essere caduta nella trappola di un pragmatismo che giustifica tutto, anche il compromesso con regimi autoritari. Ma, come ricorda Travaglio, questa giustificazione non può essere sufficiente per chi governa con l’ambizione di rappresentare una svolta morale e politica. Il tempo dirà se la Meloni riuscirà a recuperare la coerenza perduta o se continuerà a navigare nell’ambiguità.

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