ULTIM’ORA – Arriva la denuncia shock di Giuseppe Conte sul Referendum – Ecco cosa ha scoperto…

Durante il presidio organizzato dai precari della Rai davanti alla sede di viale Mazzini, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha preso la parola per intervenire anche sul tema del recente referendum sul lavoro, tenutosi l’8 e 9 giugno scorsi. Un voto che, nelle intenzioni della Cgil, avrebbe dovuto rappresentare una svolta in difesa dei diritti dei lavoratori, ma che – nei fatti – ha mostrato gravi criticità, a partire proprio dalla gestione delle alleanze sociali.

Conte: “Sorpreso dalla frammentazione, persino tra i sindacati”

“Sono rimasto molto sorpreso – ha dichiarato Conte – quando si sono dispiegate le varie posizioni, perché addirittura gli stessi sindacati non si erano messi d’accordo sui quattro benedetti sì”.

Una constatazione amara, ma lucida, che mette a nudo l’assenza di una linea unitaria anche tra le principali organizzazioni sindacali, un tempo compatte su grandi battaglie di civiltà e giustizia sociale. L’ex presidente del Consiglio ha sottolineato che la mancanza di coesione tra le sigle ha contribuito a confondere l’elettorato e a rendere il messaggio della consultazione ancora più debole.

> “Voi capite che il referendum era già nato in una prospettiva molto complessa”, ha aggiunto, alludendo al contesto frammentato e poco incisivo in cui la proposta referendaria è stata lanciata e portata avanti.

Quattro quesiti, poche certezze: il fallimento di una campagna confusa

Il referendum promosso dalla Cgil mirava a modificare alcuni aspetti centrali delle attuali norme sul lavoro: la possibilità di reintegro nei licenziamenti, i contratti a termine, la sicurezza in appalto e i voucher. Ma la partecipazione al voto è stata bassa, e in molti seggi si sono verificate disfunzioni, rallentamenti e segnalazioni di disinformazione.

Ciò che ha colpito di più, però, è stata la disomogeneità del fronte progressista. Mentre il M5S ha sostenuto i quesiti, altri partiti del centrosinistra si sono divisi. Alcuni, come Italia Viva, hanno scelto di non schierarsi, mentre la stessa Cisl ha espresso perplessità. Il risultato? Un fronte diviso, poco efficace, e facilmente attaccabile dalla destra, che ha sfruttato la confusione per delegittimare l’intera operazione.

La critica implicita al governo Meloni: “La destra si nutre della nostra confusione”

Sebbene Conte non abbia nominato direttamente Giorgia Meloni nel suo intervento, è evidente che la sua analisi tocca anche le responsabilità politiche del governo. Un governo che ha preferito non entrare nel merito dei quesiti, lasciando che la consultazione passasse sotto traccia, senza dibattito pubblico e senza garantire una partecipazione informata.

> “Se neppure le forze che dovrebbero sostenere il lavoro riescono a mettersi d’accordo – spiegano fonti vicine al M5S – non possiamo sorprenderci se poi il potere resta in mano a chi lavora per precarizzare tutto”.

 

La sensazione diffusa nel Movimento è che l’occasione referendaria sia stata gettata al vento, per colpa di una leadership sindacale debole e una sinistra disgregata. Un’occasione che, se ben costruita, avrebbe potuto portare milioni di cittadini alle urne e costringere il governo a prendere posizione.

Presidio Rai e referendum: due battaglie, un solo filo rosso

L’intervento di Conte sul referendum non è stato casuale. Avviene mentre il leader pentastellato partecipava al presidio organizzato dai precari Rai, scesi in piazza per protestare contro un accordo che li costringe a lasciare le redazioni dei programmi di approfondimento per essere ricollocati nelle sedi regionali.

Il filo rosso tra le due vicende è evidente: il mondo del lavoro, sotto questo governo, viene frammentato e indebolito, sia nei media pubblici che nelle fabbriche, negli uffici e nei cantieri. E chi prova a sollevare la testa viene ignorato o zittito.

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Conclusione: un allarme che parla anche al centrosinistra

Il giudizio di Conte su questo referendum non è solo uno sfogo, ma un monito rivolto al campo progressista nel suo insieme. Non basta lanciare campagne “contro”, servono coesione, progettualità, linguaggio comune e chiarezza.

Il rischio – sempre più concreto – è che a ogni sconfitta sociale, la destra possa legittimare nuove strette autoritarie, come già visto con i provvedimenti sulla sicurezza, la giustizia e ora anche sull’informazione.

Se neppure su un tema come i diritti dei lavoratori si riesce a costruire unità, l’alternativa al potere della Meloni resterà una promessa vuota.
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