Il rock, la memoria, l’impegno civile. Il concerto di Vasco Rossi allo stadio Dall’Ara dell’11 giugno 2025 è stato molto più di un evento musicale: è diventato un grido collettivo, una preghiera laica, un manifesto per la pace. In uno dei momenti più bui della scena geopolitica globale, mentre il mondo assiste impotente alle stragi in Gaza, Ucraina e in altri fronti di guerra, il Komandante ha scelto di non tacere. “Le guerre le vogliono solo i farabutti”, ha detto con voce ferma. E il pubblico – 77mila persone – ha risposto con un lungo applauso commosso.
Un concerto memorabile nella sua Bologna
Giocava in casa, Vasco, e si è visto. Bologna lo ha accolto come un figlio, e lui ha restituito amore e gratitudine in una notte destinata a restare impressa nella memoria di migliaia di fan. Dopo le date di Bibione, Torino e Firenze, il tour 2025 ha fatto tappa nella città dove tutto è iniziato: “Il mio primo live fu nel ’79 in piazza Maggiore, c’erano cinquanta, cento persone. Stasera siete in 77mila”, ha ricordato.
Una scaletta potente, quasi tre ore di musica: da Vita spericolata in apertura a Albachiara nel gran finale, passando per Sally, Rewind, Gli spari sopra, C’è chi dice no, Vivere, Mi si escludeva e Siamo solo noi. Canzoni che sono colonne sonore della vita di intere generazioni.
“Questa bandiera me l’ha data don Ciotti”
Ma il cuore del concerto è arrivato poco prima della fine, quando Vasco ha preso in mano una bandiera della pace: “Me l’ha data don Luigi Ciotti a Torino. E mi sembra il caso di sventolarla anche qui.” Poi si è rivolto al pubblico, lasciando da parte la musica e parlando da uomo prima ancora che da artista:
> “Voglio dirlo chiaro e tondo: basta con la strage degli innocenti a Gaza. Basta, basta, basta. Tutte le guerre sono sbagliate, sono contro l’umanità. Contro donne, bambini, anziani, gente povera. Le guerre fanno bene solo ai farabutti che le scatenano e a chi guadagna soldi sul sangue della gente.”
Le sue parole sono state seguite da un silenzio irreale, poi da un’ovazione. Qualcuno in lacrime, altri che alzavano le mani al cielo. In tanti, in quei minuti, si sono sentiti rappresentati da una voce che non ha avuto paura di esporsi.
Un appello forte, in un Paese che spesso tace
Nel panorama artistico italiano, sempre più prudente quando si tratta di temi scomodi, le parole di Vasco rompono un muro di silenzio. Mentre gran parte del mondo dello spettacolo evita di commentare la tragedia di Gaza o gli altri scenari di guerra, Vasco prende posizione, senza ambiguità, con la semplicità e la potenza che solo la verità riesce a trasmettere.
> “Chi provoca le guerre si nasconde nelle buche, perché sono dei vigliacchi”, ha aggiunto. “Noi siamo per la pace, per l’amore… e naturalmente per la musica.”
Un messaggio che ha colpito tutti, dai più giovani ai fan storici. Sui social, l’intervento ha fatto il giro del Paese: “Vasco ci ha parlato con il cuore”, ha scritto qualcuno. “Finalmente un grande che usa la sua voce per dire le cose come stanno.”
Albachiara e i fuochi: un finale da brividi
Dopo le parole sulla guerra, il concerto si è chiuso sulle note di Albachiara. “Respiri piano per non far rumore…” ha cantato Vasco, con la voce appena incrinata. Il pubblico, in silenzio, si è lasciato trasportare in un momento magico, sospeso. Poi, all’ultimo accordo, sono esplosi i fuochi d’artificio, che hanno illuminato il cielo sopra Bologna per lunghi minuti.
Un finale cinematografico per una serata che è stata musica, memoria, denuncia, speranza.
Oltre il palco, una voce per tutti
Con il suo tour, Vasco Rossi non sta semplicemente celebrando i suoi quasi cinquant’anni di carriera (li festeggerà nel 2027). Sta offrendo al pubblico una narrazione diversa, un’alternativa emotiva e morale in tempi difficili. La sua voce, roca e potente, non parla solo di canzoni, ma del mondo in cui viviamo. E ci ricorda che l’arte può – anzi, deve – farsi anche strumento di coscienza civile.
“Noi siamo per la pace, per l’amore… e naturalmente per la musica.”
Una frase che suona come un testamento, ma anche come una promessa. Perché Vasco, ancora una volta, non è solo un rocker. È il portavoce di un’Italia che non vuole più tacere.
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In un’epoca in cui l’indifferenza rischia di diventare la norma, Vasco Rossi ha scelto di salire sul palco non solo per cantare, ma per scuotere le coscienze. Il suo concerto a Bologna è stato molto più di un evento musicale: è diventato un atto di resistenza civile, un messaggio limpido contro la guerra e l’ingiustizia. Con la sua voce, le sue parole e il coraggio di esporsi, il Komandante ha ricordato che la musica può essere rifugio, ma anche megafono. E mentre il cielo si accendeva di fuochi d’artificio e la folla cantava “Albachiara”, un pensiero si è impresso nel cuore di tutti: in tempi oscuri, servono artisti che non abbiano paura di accendere la luce.